
Dov’è l’uscita? I labirinti più suggestivi
- Federica Ghizzardi
- Marzo 9, 2021
- Tradizioni e curiosità
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Tra i labirinti più grandi d’Italia, uno è a Fontanellato, in provincia di Parma, un borgo ricco di storia, da un’idea di Franco Maria Ricci, editore, designer, collezionista d’arte e da una promessa da lui fatta nel 1977 allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, affascinato da sempre dal simbolo del labirinto. Il labirinto Della Masone è fatto di bambù. Ricci ha piantato in questi anni più di 20.000 bambù e, nel parco, se ne possono trovare circa 20 specie differenti, da quelle nane a quelle giganti.
Nel Canavese c’è il secondo labirinto botanico d’Italia per estensione: si trova nel parco del Castello di Masino, a Caravino, tra Ivrea e Santhià. Quello nel parco del Castello di Masino è segnato fin dal 1753 nelle carte, mentre il disegno giunto fino a noi è di stile ottocentesco inglese. Nel 1988 il labirinto è stato ceduto al FAI Fondo Ambiente Italiano. Il labirinto di siepi è fatto di 1400 piante di carpini, con pareti verdi: per chi si “arrende”, c’è una torretta su cui arrampicarsi per trovare la via d’uscita… Basta trovare la torretta!
Il labirinto del Parco Sigurtà a Valeggio sul Mincio, Verona, è stato inaugurato nel luglio 2011. Si tratta di una composizione che ospita 1.500 esemplari di piante di Tasso alte più di due metri e si estende su una superficie di 2500 metri quadrati. Al centro del dedalo sorge una torre, ispirata a quella del parco di Bois de Boulogne di Parigi: per i visitatori giungere alla torre sarà una vera e propria ricompensa della soluzione, perché dall’alto si potranno ammirare le geometrie del percorso e vedere l’uscita.
Dov’è l’uscita? I labirinti più suggestivi
Chi si trova a visitare il Friuli Venezia Giulia potrebbe prendere in considerazione una tappa a Cordovado, uno dei Borghi più belli d’Italia, in provincia di Pordenone. Si tratta di un paesino medievale con un immenso giardino con un pittoresco labirinto a forma di sole di duemila rose damascene, realizzato nel 2015 da Benedetta Piccolomini. Seguendo i principi dell’agricoltura biodinamica di Rudolph Steiner, fondatore dell’antroposofia, la Piccolomini si è ispirata per la sua creazione alla forma della rosa perfetta a cinque petali, spesso accostata alla figura dell’Uomo disegnato da Leonardo da Vinci.
